pub-6178281982904860 Un mondo di mondi: maggio 2016

giovedì 26 maggio 2016

LabRom a Reggio Calabria, il 30 e 31 maggio incontro-confronto su questioni sociali



 LabRom 30-31 maggio 

dalle 9,30 alle 18

Seminario Arcivescovile di via Pio XI



Al via la terza tappa nazionale di LabRom, a Reggio Calabria  il 30 e 31 maggio,  dalle ore 9,30 alle ore 18, presso il Seminario Arcivescovile di via Pio XI

Una “due giorni” di incontro e confronto tra soggetti  che si occupano nei propri territori delle questioni sociali che riguardano anche ma non soltanto persone di etnia rom.

L’appuntamento per il Sud Italia, organizzato dall’Associazione 21 luglio, dalla Fondazione Migrantes, dalle associazioni Mo.ci  e Un Mondo di Mondi, prevede due aree tematiche.

Il tema della prima giornata sarà “La condizione dei rom e dei sinti in emergenza abitativa nel Sud Italia”. Ad introdurre i lavori Alessandro Petronio, docente di psicologia delle comunità, che presenterà la relazione dal titolo “Dal diritto alla governance comunitaria del bene collettivo ‘abitare’ ”.

Tema della seconda giornata saràIl bambino rom: criticità, risorse e prospettive. Costruire una rete per la prima infanzia”
Severina Tuoto, psicologa dell’età evolutiva, introdurrà i lavori con la relazione dal titolo “Lo sviluppo psicologico del bambino da 0 a 6”.

Per entrambe le giornate sono previste relazioni e testimonianze e, nel pomeriggio, lavori di gruppo.

Per informazioni e prenotazioni scrivere all’indirizzo labrom@21luglio.org.

Intervista a Giacomo Marino su OsservAzione.org









Leggi l'intervista a Giacomo Marino su www.ossservazione.org

giovedì 19 maggio 2016

Alloggi popolari, quando un diritto è una chimera

Le difficoltà l’hanno allenata alla tenacia per buona parte della sua vita. 
Per questo oggi la sig.ra Carrozza difende con le unghie il suo diritto ad un alloggio popolare e non si arrende. 

Suo marito, operaio agricolo,  è vincitore del bando 2005 per l’assegnazione degli alloggi di Edilizia residenziale pubblica, collocato in graduatoria tra i primi sessanta. 
A undici anni dal bando, è riuscito ad ottenere finora, tramite un ricorso al Tar, solo un decreto di assegnazione.  

Nonostante il più grande dei suoi tre figli, affetto da sindrome di down, la tenga occupata incessantemente,   la signora Carrozza  continua a chiedere conto, negli uffici amministrativi del Comune,  dei  tempi necessari affinché il suo diritto venga garantito.

L'amministrazione comunale all'assemblea cittadina
del 14 marzo 2016
La risposta è sempre uguale, l’ultima dalla voce  del vice sindaco Saverio Anghelone. 
«Dicono che dobbiamo aspettare – racconta la signora -  che non ci sono alloggi e che stanno lavorando». Eppure in questi  anni di attesa tante cose avrebbe voluto non vederle né ascoltarle.

«Non posso accettare  che per ottenere un alloggio popolare bisogna occuparlo, come ho visto fare in questi anni –spiega con convinzione - non fa parte di me agire nell’illegalità». Intanto continua a pagare circa 400 euro per un alloggio in affitto, tagliando su tutto il resto e assistendo senza sosta e senza aiuto il suo primogenito, oggi trentenne.

«La risposta del sindaco Falcomatà all’assemblea cittadina dello scorso marzo mi aveva dato speranza – racconta ancora Carrozza – per aprile mi aspettavo una risposta positiva». E invece sono arrivate le dichiarazioni pubbliche del consigliere delegato Giovanni Minniti, secondo il quale gli alloggi disponibili si conterebbero sulle dita di una mano.

Eppure quanto già rilevato nella Relazione della commissione d’accesso al Comune di Reggio Calabria nel 2012 sembrerebbe ancora attuale. Non risulta infatti ancora oggi un serio «esercizio dell’obbligo di verifica e controllo dei requisiti soggettivi dei beneficiari». E se il Comune  non effettua i controlli previsti dalla legge per far decadere gli assegnatari che non abbiano più i requisiti previsti, sarà difficile che gli alloggi possano rientrare nella disponibilità dell’Ente, anziché essere illegalmente affittati  o adibiti ad altri usi.   

«Da bambina non capivo cosa significasse avere “bisogno” – conclude con amarezza la signora Carrozza – ma oggi mi rendo conto cosa vuol dire scontrarsi con il Potere nella condizione di chi ha un diritto e non ha la forza per rivendicarlo».


Cristina Delfino –Direttivo Un Mondo di Mondi 

venerdì 13 maggio 2016

Alloggi popolari in Calabria: la gestione illegale che nega il diritto all'abitare



Gli alloggi popolari, un welfare negato

Gli alloggi popolari nel comune di Reggio Calabria e negli altri comuni del territorio provinciale costituirebbero un’importante risorsa di welfare per le famiglie più povere, ma questa possibilità viene negata dall’illegalità in cui versa il settore. La gestione degli alloggi popolari è da tempo “governata” da un “sistema illegale” che dipende principalmente dalle azioni dei comuni, i quali secondo la legge vigente sono gli enti che dovrebbero applicare il sistema legale (sistema legale del turnover ) ma, nella gran parte dei casi, non lo applicano.

Il sistema legale

Ma qual è il sistema legale del settore? La legge regionale nr32/1996, che regola questo ambito, stabilisce che i comuni debbano assegnare gli alloggi popolari, attraverso dei bandi pubblici o delle procedure in deroga (art. 31 L. reg.le nr32/1996), alle famiglie che hanno determinati requisiti di svantaggio sociale (art. 10 L. reg.le nr32/1996) e le assegnazioni debbano seguire il principio del turnover. Secondo la legge ogni alloggio deve rimanere nella disponibilità della famiglia assegnataria fino a quando questa mantiene i requisiti previsti. Ma una volta che i requisiti vengono meno il comune deve riprendersi l’alloggio e lo deve assegnare ad un’altra famiglia. Per far funzionare questo meccanismo la legge prevede che il comune debba verificare la permanenza nel tempo dei requisiti degli assegnatari (art. 12 L. reg.le nr 32/1996); quando questi vengono meno il comune deve emettere l’atto di decadenza dall’assegnazione ( art. 47 L.reg.le nr 32/1996), deve riprendersi l’alloggio e lo deve assegnare ad un’altra famiglia che ha i requisiti. Pertanto il principio del turnover, stabilito dalla legge regionale, rappresenta il welfare abitativo che regola in modo solidale e perequativo la gestione degli alloggi popolari, quali beni comuni destinati, esclusivamente, a garantire il diritto fondamentale alla casa per le famiglie con reddito basso e prive di un’abitazione adeguata. Inoltre, se il turnover venisse applicato garantirebbe ai comuni la possibilità di avere sempre una quota di alloggi da assegnare alle famiglie che ne hanno diritto. 

Il “sistema illegale”

Ma la legge regionale non viene applicata e questo ha generato un “sistema illegale”, che è determinato principalmente dalle azioni dei comuni che non applicano la norma e, subordinatamente, dal comportamento illegale degli assegnatari degli alloggi che hanno perso i requisiti, dalla “cultura illegale dell’alloggio popolare” e dalle azioni di coloro che gestiscono e occupano abusivamente gli alloggi. I comuni non effettuano le verifiche sulla permanenza dei requisiti degli assegnatari in modo adeguato, secondo quanto è previsto dalla legge, non emettono le necessarie decadenze e dichiarano di non avere alloggi disponibili da assegnare alle famiglie che ne hanno diritto. In alcuni casi, i comuni per fare cassa arrivano perfino a vendere gli alloggi agli assegnatari che da tempo non abitano negli alloggi e che invece secondo la legge dovrebbero far decadere. Da parte loro gli assegnatari che hanno perso i requisiti e non abitano più negli alloggi popolari, non restituiscono gli alloggi ai comuni e all’Aterp e mettono in atto delle azioni per nascondere la perdita dei requisiti. A sostenere questo “sistema” si è sviluppata anche una cultura illegale secondo la quale l’alloggio “deve” rimanere per sempre nella disponibilità dell’assegnatario, anche dopo la perdita dei requisiti. Attraverso l’articolazione di queste azioni, ma soprattutto di quelle comunali di mancata applicazione della legge, il “sistema illegale”, nel corso degli anni, si è radicato fino a diventare un elemento “strutturale” del settore. La gran parte degli alloggi non abitati dagli assegnatari, che in modo illegale rimane nella disponibilità degli assegnatari, viene utilizzata da questi in diversi modi: come case per le vacanze, per usi non abitativi, per ospitare parenti, per ricavarci un reddito attraverso l’affitto o la “vendita” . Una parte minoritaria di questi alloggi non viene controllata dagli assegnatari e viene occupata senza titolo da famiglie che sono in stato di disagio abitativo, oppure viene “gestita” da altri soggetti per ricavarne un profitto attraverso l’affitto o la “vendita”. Una parte delle occupazioni abusive, dopo qualche anno, viene regolarizzata attraverso una legge regionale di sanatoria (L.reg.le nr 8 del 30 marzo 1995) che negli ultimi 20 anni è stata sempre aggiornata per consentire una costante azione di regolarizzazione. La scelta di una “sanatoria perenne” ha in qualche modo “favorito” il “sistema illegale”, facendo diventare l’occupazione senza titolo un modo “ordinario” ed efficace per avere accesso ad un alloggio, mentre la procedura legale non funziona. Questo “sistema illegale” ha determinato, nella città di Reggio Calabria e nel rimanente territorio della provincia, una diffusa situazione irregolare per la quale si stima che circa 2000 alloggi (stima ricavata dalla Relazione Commissione d’accesso comune Reggio Cal- 2012-pg. 59) vengano utilizzati in modo illegale, mentre qualche migliaio di famiglie povere, una parte delle quali vincitrice di bandi pubblici, non hanno una casa. Nonostante la gravità dei fatti, i comuni non riconoscono le loro responsabilità e le nascondono, denunciando come unica illegalità del settore una piccola parte delle occupazioni abusive per la quale fanno eseguire gli sfratti. I pochi alloggi liberati con queste operazioni vengono lasciati dai comuni nella disponibilità degli assegnatari che non hanno più i requisiti di legge e non li abitano da anni e quindi vengono nuovamente occupati abusivamente o gestiti illegalmente. In questo modo il “sistema illegale” continua a rimanere inalterato.



Giacomo Marino  –Cristina Delfino-  Direttivo Un Mondo Di Mondi

domenica 1 maggio 2016

Alloggi popolari: quale "malafede"?

Ben vengano le diatribe a mezzo stampa se possono servire ad aprire spazi di riflessione su questioni sociali. 

L'attacco del consigliere delegato all'edilizia pubblica Giovanni Minniti, in risposta alle nostre perplessità sulla gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, fornisce informazioni importanti che non sono trapelate nell'ambito dei sette incontri avuti nell'arco di un anno e mezzo, anche alla presenza del presidente del Consiglio Demetrio Delfino. 

In sostanza, oltre alla caparbietà con cui il consigliere continua a dividere la cittadinanza reggina in nomadi e non nomadi, emerge che le verifiche sulla permanenza dei requisiti degli attuali assegnatari non sono state effettuate e che ad oggi solo 31 alloggi risultano non assegnati, di cui 26 già occupati.
In sostanza, per le famiglie che avrebbero diritto ad un alloggio popolare e attendono nella graduatoria del bando 2005, e non solo, le cose si mettono male.

Eppure in città ci sono segnalazioni di qualche centinaio di alloggi popolari non abitati dagli assegnatari che il Comune, se applicasse seriamente la legge vigente, potrebbe riprendere nella propria disponibilità per assegnarli ai vincitori del bando 2005. 

Apprendiamo invece che questo problema non verrà affrontato effettuando le verifiche previste dalla legge, con la costituzione della tanto annunciata task force ma piuttosto effettuando delle “assemblee periferiche con i residenti”. 

É questo il modo in cui si vuole ripristinare la legalità nel settore alloggi popolari?


Se il diritto di ogni cittadino di chieder conto in merito all'inefficienza dell'attuale e delle passate amministrazioni significa per il consigliere Minniti "mandare al massacro", o essere "capziosi" e " in malafede", ci chiediamo quale sia il modello di partecipazione civica di cui questa amministrazione ha bisogno. 

Dall'insediamento di questa amministrazione abbiamo fornito dati, segnalato alloggi che risultano assegnati e adibiti ad altri scopi, di contro abbiamo ricevuto solo informazioni parziali. 

I politicanti hanno bisogno di proseliti, di distogliere l'attenzione dai problemi reali ma un gruppo di cittadini che ha pagato a caro prezzo la coerenza della propria missione sociale non ha da vincere tornate elettorali. 

Come Opera nomadi ieri e come associazione "Un mondo di mondi" oggi abbiamo rivendicato il diritto alla trasparenza, non abbiamo lesinato critiche all' attuale o alle passate amministrazioni per ricevere privilegi o un posto in prima fila in progetti che abbiamo ritenuto non solo inutili ma anche dannosi. 
Lo facciamo oggi come in passato, quando eravamo in prima fila nel giudicare duramente il trasferimento di famiglie povere in un contesto come quello di Arghillá, già privo di possibilità di inclusione. 

Qualcuno di noi lo ha fatto allora come socio storico di un'associazione che dagli errori ha imparato a rapportarsi con le fasce sociali più vulnerabili di questa città. Altri lo hanno fatto come giovani volontari del Servizio civile, scrivendo tesi di laurea e articoli sulla cronaca locale. Basterebbe sfogliare qualche giornale di allora. 

Se l'obiettivo di questa amministrazione é davvero garantire maggiore dignità e giustizia per tutti, ci avrà dalla sua parte. Altrimenti continueremo a svolgere il nostro ruolo di operatori di strada e osservatori attenti, senza fare sconti per paura di non essere nelle grazie di chicchessia. 

Al fine di fare chiarezza sull'attuale situazione dell'edilizia residenziale pubblica, contatteremo il consigliere delegato Giovanni Minniti per organizzare una conferenza stampa congiunta. 


Cristina Delfino – A. Giacomo Marino - Direttivo Associazione “Un Mondo di Mondi”


Leggi le dichiarazioni di Minniti su Gazzetta del Sud

Leggi le dichiarazioni - 2